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25 novembre, 2006

LE RAGIONI DI CASSANDRA


Effetto serra e strani conteggi della Fao

di Giovanni Sartori

Qualche sassolino dalle scarpe ogni tanto ce lo dobbiamo levare, sennò il male ai piedi diventa insopportabile. L'occasione me la dà il summit mondiale di Nairobi sul clima, organizzato dall'Onu con tanto di seimila delegati. Qualcuno forse ricorderà che ho sollevato il problema del riscaldamento della Terra e delle sue catastrofiche conseguenze sul clima cinque anni e qualcosina fa, e che per anni sono restato una Cassandra pressoché solitaria. I più (parecchi) mi sono saltati addosso sul punto che mancava la prova, che non era dimostrato che quel riscaldamento fosse da addebitare all'effetto serra dell'anidride carbonica. Un illustre tributarista dell'Università di Pavia, il professor Gerelli, mi ha così demolito: «È oramai provato che le previsioni catastrofiche sono articolo di fede, non di ragione». Siccome non mi era mai capitato di essere accusato di fideismo, ci restai di sasso. Per altri il problema era posto dai Paesi ricchi che inquinavano di più. Noto con soddisfazione che il primo gruppo di critici alla Gerelli è diventato sempre più smilzo e silenzioso. Noto con eguale soddisfazione che anche al secondo argomento sta mancando il terreno sotto i piedi. Scriveva Massimo Fini: «Non sono i 5 miliardi di uomini del Terzo mondo a provocare i disastri e l'inquinamento indicati da Sartori, ma il miliardo che vive nei Paesi industrializzati». Ma la diseguale distribuzione delle colpe non toglie che il totale sia in costante, esiziale aumento. E poi Cina e India stanno già per sorpassare, come inquinatori, i peccatori del passato. Difatti a Nairobi delle due suddette sciocchezze non si parla più. La diagnosi, e anche la prognosi, è come dicevo. Eppure la terapia non si muove, per quanto sia urgentissima.
Il summit di Nairobi si è concluso con un rinvio al 2007 per il «Kyoto plus» (tagli crescenti alle emissioni di gas serra per il 2013-2020, con l'obiettivo ultimo di arrivare dal 5 al 50% nel 2050), e un rinvio al 2008 per affrontare il nodo cruciale: se i tagli possono e debbono essere vincolanti. Un grossissimo nodo perché gli Stati Uniti sono ancora schierati per tagli volontari, e Cina e India rifiutano qualsiasi disciplina. Il segretario generale dell'Onu Kofi Annan dichiara che il problema è «la spaventosa mancanza di leadership». Certo. Ma lo sono ancor più la spaventosa cecità o ipocrisia che ci vietano di riconoscere che la causa ultima, la causa di fondo, del disastro ecologico è la sovrappopolazione. Passo al secondo sassolino. Poco tempo fa è stato presentato il rapporto Fao (l'organizzazione per cibo e agricoltura dell'Onu che siede a Roma) nel quale l'inossidabile direttore generale, il senegalese Diouf, ci fa sapere che stiamo perdendo la guerra alla fame. Vero. Ma era vero anche nel 2002, quando il rapporto Diouf prometteva di ridurre — fermo restando il suo bilancio — gli affamati del mondo di 6 milioni l'anno rispetto a un totale di 800 milioni. Scrivevo allora che i dati Fao erano sicuramente sbagliati o falsi, e che la previsione che nel 2030 (quando proprio per la Fao saremo, prevedibilmente, due miliardi in più di oggi) quel totale «sarà dimezzato», costituiva una «strana aritmetica». Passano solo quattro anni e Diouf ci comunica che i sottonutriti sono diventati 854 milioni. Dunque non 6 milioni in meno, ma 6 milioni in più l'anno. Allora, quando contestavo le statistiche della Fao, nessuno mi rispose. Ora viene fuori che Diouf sbaglia tra sottrazione e addizione, tra il segno meno e il segno più. Liberarmi di questo sassolino non dà soddisfazione nemmeno a me. Ma se costringesse la Fao a rendere controllabili i suoi fantasiosi conteggi sarebbe già un passo avanti.

22 novembre 2006