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15 dicembre, 2005

IL DONO E' DIVENTATO OSSESSIONE. CAMBIAMO LA DATA DELLA FESTA



Il dono natalizio lombardo per antonomasia fu negli anni della dovizia meneghina quello che Enrica Invernizzi riceveva dal suo adorante marito. Il 24 sera, sotto l’albero, la signora trovava un gioiello che andava a irrobustire la sua collezione di preziosi, ma il vero Gesù bambino arrivava la mattina del 25 con la prima colazione. Ciondolante, sulle sue quattro zampe, arrivava Din, il cane dalmata della Robiolina (così veniva chiamata in società la signora) con un grosso fiocco rosso che gli pendeva dal collo sul quale era attaccata una busta. Il plico conteneva l’indirizzo e il numero civico dell’immobile che l’innamoratissimo marito Romeo regalava alla mogliettina. Di Natale in Natale, sulle traballanti zampettate di Din fu costruito un impero.
La Robiolina ne era fiera. «È giusto che sia così. Al mio Romeo io voglio molto bene e lui vuole bene a me». Frase che in sintesi, anche negli anni ’60-’70, quando gli immobili erano meno cari, significava: il bene dei ricchi vale a Natale più del bene dei poveri. Ovvietà che non conosce epoca. Va da sé che chi ha di più deve dare agli altri, ma è la follia del dare che adesso va presa in considerazione. Natale non è più la gioia di un dono, è l’ossessione di un dono. Cosa gli regalo? Cosa mi ha regalato? Quello che doveva essere un pensiero o il modo di esaudire un desiderio è diventato un tic compulsivo. Io ti do. Tu mi dai. Non importa cosa. Basta che dai. Tutto questo non c’entra niente con Gesù bambino, nè tantomeno con la gioia del donare e del ricevere. Sacrificare il Natale però significa mettere in difficoltà il commercio e allora perché non spostare il dono in tempi più cauti, più sereni, più riflessivi. Spostiamo Natale. Ti dico buon Natale il 25 ma ti faccio il regalo, pensato, il 4 marzo o il 7 aprile. Natale libero sopratutto per i bambini. Non devono imparare ad accumulare: diventano grandi peggiori.


LINA SOTIS
15 dicembre 2005
Corriere della sera