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14 febbraio, 2006

L'ENERGIA DIMENTICATA

Il governo latita e Prodi che fa?

di Giovanni Sartori

L’ondata di freddo polare, o meglio siberiano, ha fatto scoprire al grosso pubblico che ci scaldiamo a miracolo. E in precedenza le canicole estive ci hanno fatto scoprire che non abbiamo sufficiente energia elettrica per raffreddare le nostre case. Ogni volta è lo stellone che ci deve salvare. Il guaio è che, passate le emergenze, il buon «popolo bue» se ne scorda; ma se ne scorda anche perché nessuno gli spiega che cosa si possa e debba fare per rimediare. Per il Potere (tutto quanto, ad oggi senza gran differenza tra destra e sinistra) questi sono problemi da oscurare. Anche perché il Potere si illude—non sapendone niente—che se ne andranno come vengono. Poveretti. E anche, di conseguenza, poveri noi.
Cominciamo dai dati e dal metano. Noi lo importiamo dall’Algeria, dalla Libia e dalla Russia. Dalla Russia soltanto per un quinto del nostro fabbisogno. Eppure basta un calo di consegna del 3% (ma con punte anche del 13%) per metterci in crisi. In questo momento le scorte operative sono ridotte da 8 a 1,5 miliardi di metri cubi, e la riserva strategica residua di 5 miliardi di metri cubi ci può bastare, leggo, soltanto per 15 giorni. Lo sapevate? Il «popolo bue» certo no. Ma probabilmente nemmeno Berlusconi. A lui premono solo cose sbandierabili come il ponte di Messina. Se poi ci mancherà il metano la colpa non sarà della sua imprevidenza ma della Russia. E poi lui potrà rimediare con una telefonata all’amico Putin.
Passiamo all’elettricità. Avendo rinunziato al nucleare siamo costretti a comprare a caro prezzo (e con grave danno del nostro sistema industriale) l’energia elettrica dalla Francia, che poi la produce (ironicamente) con centrali nucleari. E anche su questo fronte i nostri margini di tenuta sono risicatissimi. Se manca il metano e accendiamo le stufe elettriche rischiamo un blackout da sovraccarico. Così come lo rischiamo, in estate, se le nostre centrali idroelettriche sono messe in difficoltà dalla siccità o se accendiamo troppo, per il troppo caldo, i condizionatori.
Resta il petrolio, l’oro nero. Noi lo riceviamo in larga misura dal Medio Oriente, un’area altamente inaffidabile; e per di più comincia a costare più dell’oro giallo. Dai 20-25 dollari al barile siamo lestamente saltati a 60-70, e qualcuno prevede che si arriverà a 100. In ogni caso il petrolio è scarso e lo diventerà sempre più. Le stime sono che nei prossimi 25 anni il fabbisogno energetico mondiale crescerà del 60%. Fornito da cosa? Se dal carbone, ne può risultare un inquinamento letale. Se dal petrolio, non ce n’è abbastanza.
Come s’intende siamo al cospetto di urgentissimi problemi di vera e propria sopravvivenza. Eppure il più durevole e «maggiorato » governo della nostra storia non ha alzato nemmeno un dito per affrontarli. Il governo Berlusconi ha soltanto sottoscritto gli accordi di Kyoto, e da allora li ha violati. Ma nemmeno Prodi dà mostra di interessarsene davvero. Mesi fa (il 3 settembre) ricordavo che benzina e gasolio derivati dal petrolio sono sostituibili o comunque integrabili con l’etanolo e altri biocarburanti ricavati da piante zuccherine facilmente coltivabili. La tecnologia per la produzione di bioenergia è perfettamente a punto (il Brasile la sviluppa da 80 anni), il prodotto è «pulito» (non produce anidride carbonica), e così si salverebbe anche l’agricoltura europea.
Allora, perché non ci siamo ancora mossi? E’ tardi per chiederlo a Berlusconi. Ma a Prodi siamo ancora in tempo a chiedere quale sarà il suo progetto energetico. Dico sarà perché dal patto di governo dell’Unione presentato oggi a Roma al teatro Eliseo risulta che il pensatoio prodiano all’energia non ha pensato a fondo. Pensato sul serio, intendo.


11 febbraio 2006
Corriere della Sera