mimpegnomanontroppo

27 febbraio, 2006

UN MAL D'AMORE LATENTE

Di Guia Soncini.
Quella di illudersi è una delle più fondamentali libertà dell'individuo, sancita dalla Convenzione di Ginevra in special modo se l'individuo è femmina. La stavo praticando con moderazione: non mi illudevo che lui tornasse, no; mi limitavo ad illudermi che prima o poi mi sarebbe passata. L'amore infelice, mi raccontavo, è come una malattia. Superata la fase acuta - quella in cui sei convinta che ne morirai e spartisci tra le amiche le scarpe e le borse da lasciare in eredità - arriva il momento della guarigione. Per forza. O si guarisce o si muore, e che d'amore non si muoia è cosa nota. Mi ero messa finalmente tranquilla: aspettavo il momento della guarigione, e nel frattempo arringavo le colleghe sulla mia scoperta. Finché una vicina di scrivania particolarmente perfida ha buttato lì: "E l'herpes?". Come sarebbe l'herpes? L'herpes, dice lei: "Con certe malattie convivi per sempre. Non muori, ma non guarisci. Come l'herpes". Oddio. Non riuscirò mai più a guardare il Brutto Bastardo senza che mi venga in mente un gigantesco herpes.

26 febbraio, 2006

IMPARA QUALCOSA


Una cosa è vivere molto a lungo, un'altra è imparare qualcosa durante quello spazio di tempo.
Ti è stato dato il dono della vita, fai in modo di non diventare solo un vecchio, impara qualcosa.
Molly Larkin

AMO UN'IMMAGINE DI TE

Amore

Pochi, certo, capiscono il carattere puramente soggettivo del fenomeno amoroso, e la sorta di creazione, cui esso dà luogo, d'una persona supplementare, distinta da quella che nel mondo porta lo stesso nome, e i cui elementi derivano per la maggior parte da noi stessi. Pochi, così, possono trovare naturali le proporzioni enormi che finisce con l'assumere per noi un essere non identificabile con quello che vedono loro.

Marcel Proust.
Alla ricerca del tempo perduto.

Quando amiamo, creiamo un'immagine dell'oggetto del nostro amore che, pur partendo da caratteristiche oggettive, è in gran parte una creazione della nostra mente, fatta di aspettative e desideri, che plasmano l'altro trasformandolo. Nelle persone che amiamo, c'è molto di noi. L'altro non sarà mai solo se stesso ai nostri occhi, ma lui più quello che aggiungiamo di noi stessi alla sua immagine. Spesso le delusioni più grandi nascono quando emerge con evidenza la distanza tra la creazione soggettiva a cui abbiamo dato vita e la persona reale.
Questo processo di idealizzazione della persona amata è inevitabile e normale nelle relazioni amorose, ma diventa patologico quando la nostra visione soggettiva diventa l'unica reale e amiamo qualcosa di immaginario che esiste solo nella nostra mente, senza nessun ancoraggio alla realtà. Questo accade ad esempio quando una persona ci delude profondamente o ci fa del male e noi, per non soffrire, trasformiamo i suoi atti e le sue parole in qualcosa di accettabile e sensato, che sia conforme all'immagine che abbiamo creato nel tempo. Vediamo la perfezione dove c'è solo imperfezione e l'amore dove non c'è più e portiamo avanti una storia che ha la consistenza di un'illusione.
Miky.


24 febbraio, 2006

ciao miki

TROPPO INTELLIGENTI

Sei single? Può dipendere dal tuo QI
Secondo una ricerca inglese, le donne con un alto quoziente intellettivo tendono a sposarsi di meno.
Le donne più intelligenti tendono a sposarsi di meno. È il risultato emerso da una ricerca condotta dalle Università di Edimburgo, Glasgow, Aberdeen e Bristol e pubblicata sul Journal of Personality and Individual Preferences. I ricercatori, che 40 anni fa avevano analizzato il Quoziente di Intelligenza di 900 persone, sono andati a vedere chi fra queste si è sposata e chi invece è rimasta single. Risultato: per ogni 16 punti di QI in più per le donne, c'è un 35 per cento in meno di probabilità di sposarsi, mentre, per gli uomini, c'è un 40 per cento di probabilità in più di arrivare all'altare. Come interpretare tali dati? In realtà non ci sono riusciti neanche gli stessi scienziati, i quali, in un primo tempo, avevano ipotizzato un legame con la sfera economica. Tuttavia, analizzando i guadagni delle persone esaminate è emerso che gli uomini con i redditi più alti tendono a sposarsi di più, mentre per le donne è l'esatto contrario. Una domanda sorge spontanea: sono gli uomini a non volere donne più intelligenti di loro o sono le donne ad aver scoperto che gli uomini non sono poi così interessanti?
di Alice Politi. Glamour
Almeno posso consolarmi così! Se sono single è perchè sono TROPPO intelligente! ;-)

IL CINEMA

Andare al cinema non significa propriamente uscire. Gli altri è quasi come se non ci fossero. L'essenziale è quella specie di titubanza ovattata che proviamo entrando nella sala. Il film non è cominciato, una luce da acquario smorza le conversazioni felpate. Tutto è smussato, vellutato, attutito. Con i piedi sulla moquette, ci precipitiamo con finta disinvoltura verso una fila di poltrone vuote. Non si può dire che che ci sediamo e neppure che ci adagiamo sul sedile. Dobbiamo ammansire quel volume rigonfio tra il compatto e il soffice. Ci accomodiamo con piccole mosse voluttuose. E intanto il parallelismo, l'orientamento verso lo schermo uniscono l'adesione collettiva al piacere egoistico.
Ma la condivisione si ferma qui, o quasi. Che cosa sapremo di quell'omone disinvolto che legge il giornale tre file davanti? Forse che ride, nei momenti in cui non ridiamo - o peggio ancora che rimane in silenzio quando invece ridiamo noi. Al cinema non ci riveliamo. Usciamo per nasconderci, per acquattarci, per sprofondare. Siamo sul fondo della piscina e nel blu tutto proviene da quella finta scena senza profondità, abolita dallo schermo. Nessun odore, nessuno spiffero di vento in questa sala inclinata verso un'attesa piatta, astratta. In questo spazio concepito per deificare una superficie.
Cala l'oscurità, si illumina l'altare. Ci mettiamo a galleggiare, pesci dell'aria, uccelli dell'acqua. Il corpo si intorpidisce e diventiamo campagna inglese, strada di New York o pioggia di Brest. Siamo la vita, la morte, l'amore, la guerra, immersi nel cono di un fascio di luce dove danza il pulviscolo. Quando arriva la parola fine, rimaniamo prostrati, in apnea. Poi si riaccende la luce insopportabile. Bisogna allora tirarsi su nella bambagia e scrollarsi verso l'uscita come sonnambuli. Soprattutto non buttiamo subito lì parole che stroncano, giudicano, sottolineano. Sulla moquette vertiginosa, aspettiamo pazientemente che l'omone con il giornale sia passato davanti. Conserviamo, per qualche secondo, goffi cosmonauti, quella strana assenza di gravità.

Philippe Delerm
LA PRIMA SORSATA DI BIRRA e altri piccoli piaceri della vita.

21 febbraio, 2006

ASPETTANDO IL CIBO


(Sabangan/Epa)

20 febbraio, 2006

ITALIA IN DECLINO, L'EUROPOA NON PUO' AIUTARCI

Quel sogno svanito con la Bolkestein

Allorché giovedì scorso il Parlamento europeo ha approvato la versione annacquata della direttiva Bolkestein si è avuta nella comunità intellettuale una reazione di allarme di intensità pari a quella di compiacimento della comunità politica (con rarissime eccezioni tra cui, va detto, si segnala per lucidità di argomentazione e di visione quella dei Radicali). Curioso divorzio. Come mai osservatori e studiosi si preoccupano così tanto? Non capiscono che quel compromesso è pur sempre meglio di niente? La comunità intellettuale e quei pochi politici avveduti sono inquieti non per la Bolkestein ma per qualcosa di più generale, perché appare a loro (e a noi) sempre più chiaro che è definitivamente svanito il sogno degli Anni Novanta e l'Europa non è più in grado di costringerci a fare i nostri interessi. L'opinione che il mondo si è fatta di noi è emersa a Davos dove l'economista Nuriel Roubini ci ha paragonato all'Argentina e uno dei capi della Goldman Sachs, Jim O'Neill, ha sentenziato che possiamo offrire solo cibo e pallone. A spulciare qua e là tra i dati si nota che il nostro debito pubblico in rapporto al Pil che dal 1998 al 2004 era stato in costante diminuzione (dal 117,2 al 106,5), secondo le stime più aggiornate è salito nel 2005 di due punti percentuali scavalcando la Grecia e toccando il record (bel record!) continentale.Secondo i rilievi del rapporto Schneider (assai più inquietanti di quelli Istat) l'incidenza dell'economia sommersa in percentuale del Pil ammonterebbe qui da noi al 27% rispetto al 16,3 della Germania, al 15 della Francia all'8,7 degli Stati Uniti. Inoltre tra il 1995 e il 2004 si è avuta in Italia un'impressionante flessione della quota di mercato delle esportazioni (a prezzi costanti) crollate dal 4,6% al 2,9%: nello stesso periodo in Francia sono rimaste stabili attorno al 5% e in Germania sono salite dal 10,3% all'11,8%. E dove qualcosa è migliorato (ad esempio il tasso di occupazione passato in dieci anni — tra il 1993 e il 2003 — dal 52,5 al 56,2%) siamo sempre ai livelli più bassi d'Europa.In Italia (e questo ci accomuna a Francia e Germania) un occupato dipendente lavora in termini di ore medie annue il 16% in meno che negli Stati Uniti. Condividiamo però con la sola Germania il record europeo di tassazione dei redditi di impresa. E in Europa siamo tra quelli che attraggono meno investimenti esteri: mentre Francia e Regno Unito sono quasi magnetiche, noi nel 2005 abbiamo registrato una variazione negativa rispetto al 2004 (-23%). Secondo le stime Unctad dedicate a tale questione nella graduatoria mondiale occupiamo il novantottesimo posto, dopo il Benin. In compenso siamo primi nell'esportazione di cervelli, meglio conosciuta come «fuga».Siamo al 154˚ scalino nella classifica mondiale della giustizia civile: laddove in Russia occorrono in media 330 giorni per il recupero dei crediti delle imprese, in India ne servono 425, in Brasile 546, qui ce ne vogliono 1.390. Veniamo dopo — secondo le stime della Banca Mondiale — la Tunisia, l'Estonia, financo la Cina. Per fortuna c'è un Paese che sta peggio di noi: il Guatemala. Ci aspettavamo che questi problemi venissero avviati a soluzione dalla Bolkestein? È evidente che no. È solo che giovedì scorso abbiamo definitivamente appreso che per salvarci non possiamo più affidarci alla spinta di un'Europa dove non può che non prevalere la tendenza a mediare. E che forse in campagna elettorale faremmo meglio ad affrontare il tema di come farcela da soli.

Paolo Mieli
Corriere della Sera
20 febbraio 2006

Uno si costruisce grandi storie, questo è il fatto, e può andare avanti anni a crederci, non importa quanto pazze sono, e inverosimili, se le porta addosso, e basta. Si è anche felici, di cose del genere. Felici. E potrebbero non finire mai. Poi, un giorno, succede che si rompe qualcosa, nel cuore del gran marchingegno fantastico, tac, senza nessuna ragione, si rompe d'improvviso e tu rimani lì, senza capire come mai tutta quella favolosa storia non ce l'hai più addosso, ma davanti, come fosse la follia di un altro, e quell'altro sei tu.

Alessandro Baricco
(da "Oceano Mare")

19 febbraio, 2006

UN'ALTRA EMOZIONE

17 febbraio, 2006

UNA MEDAGLIA...UN'EMOZIONE

14 febbraio, 2006

L'ENERGIA DIMENTICATA

Il governo latita e Prodi che fa?

di Giovanni Sartori

L’ondata di freddo polare, o meglio siberiano, ha fatto scoprire al grosso pubblico che ci scaldiamo a miracolo. E in precedenza le canicole estive ci hanno fatto scoprire che non abbiamo sufficiente energia elettrica per raffreddare le nostre case. Ogni volta è lo stellone che ci deve salvare. Il guaio è che, passate le emergenze, il buon «popolo bue» se ne scorda; ma se ne scorda anche perché nessuno gli spiega che cosa si possa e debba fare per rimediare. Per il Potere (tutto quanto, ad oggi senza gran differenza tra destra e sinistra) questi sono problemi da oscurare. Anche perché il Potere si illude—non sapendone niente—che se ne andranno come vengono. Poveretti. E anche, di conseguenza, poveri noi.
Cominciamo dai dati e dal metano. Noi lo importiamo dall’Algeria, dalla Libia e dalla Russia. Dalla Russia soltanto per un quinto del nostro fabbisogno. Eppure basta un calo di consegna del 3% (ma con punte anche del 13%) per metterci in crisi. In questo momento le scorte operative sono ridotte da 8 a 1,5 miliardi di metri cubi, e la riserva strategica residua di 5 miliardi di metri cubi ci può bastare, leggo, soltanto per 15 giorni. Lo sapevate? Il «popolo bue» certo no. Ma probabilmente nemmeno Berlusconi. A lui premono solo cose sbandierabili come il ponte di Messina. Se poi ci mancherà il metano la colpa non sarà della sua imprevidenza ma della Russia. E poi lui potrà rimediare con una telefonata all’amico Putin.
Passiamo all’elettricità. Avendo rinunziato al nucleare siamo costretti a comprare a caro prezzo (e con grave danno del nostro sistema industriale) l’energia elettrica dalla Francia, che poi la produce (ironicamente) con centrali nucleari. E anche su questo fronte i nostri margini di tenuta sono risicatissimi. Se manca il metano e accendiamo le stufe elettriche rischiamo un blackout da sovraccarico. Così come lo rischiamo, in estate, se le nostre centrali idroelettriche sono messe in difficoltà dalla siccità o se accendiamo troppo, per il troppo caldo, i condizionatori.
Resta il petrolio, l’oro nero. Noi lo riceviamo in larga misura dal Medio Oriente, un’area altamente inaffidabile; e per di più comincia a costare più dell’oro giallo. Dai 20-25 dollari al barile siamo lestamente saltati a 60-70, e qualcuno prevede che si arriverà a 100. In ogni caso il petrolio è scarso e lo diventerà sempre più. Le stime sono che nei prossimi 25 anni il fabbisogno energetico mondiale crescerà del 60%. Fornito da cosa? Se dal carbone, ne può risultare un inquinamento letale. Se dal petrolio, non ce n’è abbastanza.
Come s’intende siamo al cospetto di urgentissimi problemi di vera e propria sopravvivenza. Eppure il più durevole e «maggiorato » governo della nostra storia non ha alzato nemmeno un dito per affrontarli. Il governo Berlusconi ha soltanto sottoscritto gli accordi di Kyoto, e da allora li ha violati. Ma nemmeno Prodi dà mostra di interessarsene davvero. Mesi fa (il 3 settembre) ricordavo che benzina e gasolio derivati dal petrolio sono sostituibili o comunque integrabili con l’etanolo e altri biocarburanti ricavati da piante zuccherine facilmente coltivabili. La tecnologia per la produzione di bioenergia è perfettamente a punto (il Brasile la sviluppa da 80 anni), il prodotto è «pulito» (non produce anidride carbonica), e così si salverebbe anche l’agricoltura europea.
Allora, perché non ci siamo ancora mossi? E’ tardi per chiederlo a Berlusconi. Ma a Prodi siamo ancora in tempo a chiedere quale sarà il suo progetto energetico. Dico sarà perché dal patto di governo dell’Unione presentato oggi a Roma al teatro Eliseo risulta che il pensatoio prodiano all’energia non ha pensato a fondo. Pensato sul serio, intendo.


11 febbraio 2006
Corriere della Sera

11 febbraio, 2006

LA FOTO DEL 2005




La "Foto dell’anno 2005". E' del canadese Finbarr O'Reilly, fotografo dell'agenzia Reuters . L'immagine è stata scattata a un centro per la"nutrizione d'emergenza" a Tahoua, in Niger, il 1 agosto 2005. La giuria ha detto che la fotografie esprime "bellezza, orrore, e disperazione" (Reuters)

OLIMPIADI TORINO 2006

Alle 20 precise è cominciata la cerimonia d'apertura delle XX Olimpiadi invernali. È toccato al ginnasta Jury Chechi aprire lo spettacolo colpendo un grande incudine con un martello. Poi una bambina vestita di tricolore ha intonato l'inno di Mameli mentre il presidente Ciampi si accomodava in tribuna d'onore e veniva innalzata la bandiera italiana. Stefania Belmondo porta la fiaccola e accende il braciere. Cerimonia seguita da due miliardi di persone. Spettacolo emozionante: scintille, arte e cultura.

http://www.torino2006.org/

HO VOGLIA DI TE

Lo ho già iniziato a leggere...

05 febbraio, 2006

Davanti a un muro
c'è chi fischia e fa il giro
lamenta che il mondo è cattivo
Non è nel mio stile
bisogna salire
chi non prova ha perso già
Niente è per caso
ogni nuovo secondo ha il suo peso
se lo stai vivendo
così vive il fiore
che sceglie di non appassire
di non appassire
Splendere ogni giorno il sole
Max Gazzé

RUBARE, RAPIRE, TOGLIERE, TRUFFARE

– Si toglie cosa e altrui e propria; si toglie e di forza e con frode, e d'amore e d'accordo; si rapisce di forza, e quasi sempre l'altrui. – A.– Involare è rubar di nascosto; rubare è toglier l'altrui o di forza o furtivamente. Il Petrarca: « Come ruba per forza, e come invola ». Il rapire, suol cadere sopra cose di maggior pregio che non fa il rubare, e il modo ne suol essere più violento e più temerario. Il rubatore sa di far male, e n'ha vergogna; che il rapitore provi rimorsi, è credibile, ma sovente e' pretende giustificarsi allegando diritti, come quelli della conquista, dell'amore che si crede o che spera e vuole essere corrisposto, e simili. Onde il Martelli: « Sia d'alme alte rapir, rubar fia d'ime »; ironia da non potersi smentire sintantoché il bisogno sembri cosa più vile della cupidigia e dell'ambizione. – Polidori.– Elena fu rapita; Troia, per il rapimento di Elena, messa a ruba e distrutta.Rapire, e di persone e di cose; rubare, di cose, o di persone in quanto le son private della cose ch'ell'hanno. Le Sabine rapite da Romolo. Parlando di cose, si rapisce con violenza; si ruba ora con violenza ora con frode.Si rapisce con atto reale; si ruba prendendo, si ruba litigando, si ruba negando quel ch'ad altri è dovuto, si ruba giuocando, tenendo di mano al ladro.Si ruba una casa, una nave, una provincia, quando la si mette a ruba; rapisconsi le cose che dentro ci sono. Nel figurato, rubare il cielo (che non è bel traslato) vale, ottenerlo con piccolo sacrifizio; rapirlo, meritarlo combattendo per forza di costante coraggio. Segneri: « Se a te non basta l'animo né di rubarti il paradiso né di rapirtelo ».Furare è caduto da ogni uso, fuorché del verso. Il furto è inganno nascosto. I conquistatori rubano, non furano, quando devastano il paese nemico; ma quando nascondono al nemico una mossa per coglierlo sprovveduto, si dice (nella lingua scritta) che gli hanno furate le mosse.Rubare il cuore, è men serio che rapire. Poi ti rapisce il cuore chi te lo vince d'amor prepotente, chi gli fa forza con pregi trascendenti, o che tali paiono a te. Ti ruba il cuore chi nel suo affetto ti trae a grado a grado; in maniera che prima di por mente agli effetti dell'amore, l'amore è penetrato ben dentro. Si rapisce il cuore di botto, si ruba adagio; si rapisce col merito, si ruba cogli artifizi. – Grassi.Rapire in spirito, in estasi; rapire, toglier da' sensi per eccesso di piacere. Questo disse Dante: rubare: « Oh imaginativa, che ne rube Talvolta sì di fuor, ch'uom non s'accorge Perché d'intorno suonin mille tube! » Non è modo comune; ma potrà dirsi tuttavia per distinguere il rapimento che viene da piacere, da ammirazione, da più o men nobile affetto, distinguerlo da un'idea, da una cura, che toglie l'uomo a pensieri e ad affetti ai quali dovrebbe sé stesso. In senso simile sogliam dire, rubare il tempo, rubare la pace. Con modo men famigliare dicesi che un pensiero, una cura, invola la mente a sé stessa, l'uomo al proprii doveri. In senso contrario disse Orazio: « Mihi me reddentis agelli ».
– Si può rapire anco il proprio, se si fa in modo brusco; si ruba e si deruba l'altrui. Si rapisce con violenza che non è sempre ostile.Si truffa abusando dell'altrui buona fede per carpire qualcosa. Il codice austriaco definisce: « Chi con detti e fatti artifiziosi trae altri in inganno, e lo danneggia nell'avere o in altri diritti, è reo di truffa o di stellionato ». Nell'uso comune, truffa riguarda sempre il danno dell'avere. Si ruba e in modo che il rubato se n'avvegga, e in modo che lo ignori; si truffa in modo che il truffato non se n'avvegga in sul primo. Si ruba anco non restituendo le cose tolte a prestito; si truffa col carpire a inganno. – Romani.

BACIARSI FA BENE...




«Nessuna sventura può colpirmi quando ella mi concede un bacio», cantava il poeta trovatore Colin Muset nel 1400. Senza immaginare che la scienza, a distanza di sei secoli, gli avrebbe dato ragione. Uno studio realizzato dall’Università di Vienna sostiene infatti che baciare con regolarità fa bene alla salute, al pari di una medicina. Un bacio lungo e appassionato abbassa la pressione sanguigna nonché i valori di colesterolo nel sangue, prevenendo in questo modo il rischio di infarto. Anche le difese immunitarie ne escono rafforzate. Perché in ogni bacio viene liberata una grossa quantità di batteri, che si trasmettono da un partner all’altro stimolando la produzione di nuovi anticorpi. Il significato che il bacio riveste per le donne e per gli uomini è invece il tema della ricerca condotta dalla sessuologa Ingelore Ebberfeld di Brema. Secondo lo studio tedesco, condotto su un campione di 514 persone fra i 16 e i 91 anni, mentre gli uomini tendono a considerare il bacio come un’abitudine, per le donne rappresenta una componente fondamentale dell’intimità di coppia, al punto da ritenerelo più importante del sesso. Di più: i due terzi delle donne che hanno risposto all’inchiesta della sessuologa ritengono che un uomo che sa baciare sia anche un bravo amatore.In generale, a dire di baciare volentieri è stato il 56 per cento delle donne intervistate contro il 44 per cento degli uomini. Soltanto mentre si fa l’amore l’atteggiamento dei due sessi sembra coincidere: il 10,7 per cento degli uomini e il 9,7 per cento delle donne hanno infatti dichiarato di non baciare durante il rapporto.

Alice Politi
febbraio 2006
www.glamouronline.it

01 febbraio, 2006

"Non occorre sperare per intraprendere né riuscire per perseverare".
Guglielmo D'Orange
Fino all'8 febbraio, giorno del mio esame, questa è la mia frase...
Io persevero, ma concetti come la destrutturazione dell'IO operata dalla non consequenzialità dell'ipertesto mi lasciano senza parole...