mimpegnomanontroppo

29 dicembre, 2005


In realtà il Natale ormai è già passato..lo aspetti con ansia,inizi a vivere i ritmi frenetici della corsa ai regali ,chiaramente sempre all'ultimo minuto ed ogni volta ti riprometti che no..il prossimo anno non sarà cosi, mi prenderò per tempo, oppure..no, il prossimo Natale niente regali e matematicamente tutti si presentano con una valanga di regali quasi come se avessero ricevuto da Babbo Natale in persona la delega di svoglere il lavoro al posto suo!Certo chi in buona fede mantiene la promessa si trova un attimino imbarazzato che nemmeno la tipica frase fatta "guarda è solo un pensierino" riesce a placare il rossore.Insomma, aspetti aspetti e i più golosi si comprano pure il calendario dell'avvento per scandire il passare dei giorni e finalmente quando apri quell'ultima desiderata casellina è arrivato ma se ne va veloce come un battito di ciglia, come ogni cosa bella nel momento in cui la stai vivendo e ti trovi lì forse un pò malinconico ma con ancora la voglia di vivere il piacere di aspettare qualcos'altro, come se ogni giono dovesse avere un suo piccolo scopo e quindi per ora Buon anno a tutti!!

26 dicembre, 2005

COSTRUIRE LA PARITA' TRA UOMO E DONNA CON L'USO DELLE PAROLE

Nientemeno che Shakespeare, in una delle sue tragedie più famose, fa dire a Giulietta: “Che cosa c’è in un nome? Quella che chiamiamo rosa con ogni altro nome profumerebbe soavemente. Ora, Romeo, rinunciando al suo nome, conserverebbe le sue doti preziose che gli appartengono anche senza quel nome”. Giulietta nega importanza ai nomi, che considera semplici segni convenzionali, per giustificare il suo amore per il nemico Romeo. In realtà però le parole sono molto più di un segno e il loro uso o non uso non è privo di conseguenze. Il vocabolario di un popolo è il riflesso della cultura di quel popolo. Studiando il linguaggio si può capire il modo in cui una comunità linguistica categorizza il mondo e quali sono gli oggetti, i sentimenti e le attività principali per quella comunità. Ad esempio gli eschimesi hanno tantissimi modi diversi per definire la neve, perché essa è l’elemento più importante dell’ambiente in cui vivono. La lingua, quindi, dice molto di noi e del nostro modo di pensare. Per questo, quando la Commissione nazionale per la realizzazione della parità tra uomo e donna pubblica una guida dal titolo “Raccomandazioni per un uso non sessista della lingua”, in cui si riflette sul rapporto tra una lingua per tradizione “maschilista” e la conquista, da parte delle donne, di professioni e ruoli tradizionalmente affidati agli uomini, non si può minimizzarne l’importanza. Le parole non sono solo suoni o segni grafici su una pagina bianca, ma possono persino dare l’idea del grado di parità raggiunto tra uomini e donne in una determinata società e, se si analizza la lingua italiana, si capisce subito che quest’uguaglianza non è stata affatto raggiunta. I sostantivi che designano le professioni, infatti, raramente hanno un femminile. Basta pensare alle parole avvocato, ingegnere, medico, consigliere: il femminile non è mai usato, anche se basterebbe seguire le regole della grammatica per formarlo correttamente. Così l’avvocato donna diventerebbe semplicemente un’avvocata e l’ingegnere donna un’ingegnera. Avvocata può suonare male, ma è solo questione di abitudine. Non si tratta di una polemica inutile, ma della necessità di cambiare la mentalità delle persone agendo sulla lingua, che altro non è che l’espressione concreta del pensiero e che permea ogni settore della nostra vita, perché è su di essa che si basa ogni nostra relazione sociale
Se non c’è parità nel linguaggio, non c’è parità nemmeno nella società che a quel linguaggio dà vita.
Michela Zorzi

NON SEMPRE ACCADE CHE...


Sono abituata a fare mille progetti, costruire castelli, sogni di carta...Mi permettono di vivere meglio, di fantasticare, di sognare quello che non riesco di notte...Mi trasportano lontano...a volte forse troppo...

24 dicembre, 2005











buon natale
a tutte le persone che mi sono vicine, che mi vogliono bene, che mi fanno sorridere...speciali.

L'ALBERO DEI DESIDERI

Come ogni anno all'inizio di dicembre hanno messo un albero altissimo e illuminato da una miriade di piccole lucine alla stazione dei treni di Milano. Pendolari, gente di fretta o stanca dopo un lungo viaggio: l'albero era lì per ricordare a tutti loro che stava arrivando Natale e che era meglio sorridere che arrabbiarsi per il treno arrivato in ritardo di tre ore oppure soppresso. Mancava però un tocco di magia a quell'albero che svettava sopra i binari e che accoglieva le persone in arrivo e salutava quelle in partenza. Magia che è arrivata dopo un paio di giorni, quando su uno dei rami più bassi è comparsa una letterina per Babbo Natale, a cui in seguito se ne sono aggiunte moltissime altre. Ora metà albero è addobbato di desideri. Più su è impossibile arrivare: troppo alto, ma c'è da stare sicuri che ci sono così tanti desideri inespressi tra le persone che transitano in Centrale, che se fosse stata messa a disposizione una scala, il verde dell'albero sarebbe scomparso sotto un'infinità di fogli svolazzanti. C'è chi chiede che la ragazza di cui è segretamente innamorato da anni finalmente si accorga di lui, chi vuole la pace nel mondo, chi più semplicemente un giocattolo. Poi ci sono tantissime lettere per chiedere a Babbo Natale di fare un miracolo: far diventare la Ferrovie dello Stato efficienti, ma purtroppo non penso che a quel povero vecchietto, ai suoi mille folletti e alle sue renne riuscirà un'impresa di questa portata. Se non ci si crede in questo periodo però, quando mai?....
Dopo essere passata in stazione e aver scattato la fotografia che ho messo ad inizio pagina, ho pensato a lungo a cosa potrei chiedere a Babbo Natale, ma non mi è venuto in mente niente. Certo ci sono tantissime cose che desidero, materiali e non, ma nessuna di queste è così importante da poter essere archiviata nel settore: "desideri che vengono dal profondo del cuore". Oggi però mia madre mi ha raccontato l'ultima trovata di mio nonno e improvvisamente ho capito cosa voglio davvero. Prima però, per farvi capire, devo raccontarvi qualcosa di quella persona straordinaria che è mio nonno. Riccardo è nato il 19 dicembre del 1921 e in questi ottantaquattro anni ha fatto tutte le esperienze che è umanamente possibile fare in una vita. Ha fatto la guerra, è stato in un campo di concentramento ed è sopravvissuto. Si doveva sposare ma poco prima del matrimonio ha scoperto che la sua futura moglie lo tradiva con un amico. E' sopravvissuto anche a questo. Era povero e per far soldi ha cominciato a vendere biancheria e calzini al mercato, riuscendo in poco tempo ad aprire un negozio tutto suo, uno dei primi negozi di abbigliamento della città. Finalmente ha incontrato la donna della sua vita e si è sposato.
Fino a due anni fa mio nonno era un fulmine sulle piste da sci: già vincitore in passato di tante coppe da riempire un intero armadietto, si divertiva ancora a battere quelli più giovani di lui, umiliandoli doppiamente. Era anche imbattibile nella ricerca delle "brise": passava giornate intere nel bosco e tornava con cestini pieni di funghi. Non ha rinunciato nemmeno quando una volta si è perso. Si è comprato un telefonino, che sa già usare meglio di me, per far tacere i parenti preoccupati con la sicurezza che avrebbero potuto sapere dov'era in ogni momento ed è tornato nel bosco, dove lo tiene sempre spento, perchè: "quando vago per fonghi, vago per fonghi e no voi perder temp a telefonar a nesuni" (scusate il mio dialetto!). Fino a due anni fa coltivava un orto, che prima del suo arrivo era un brandello di terra che non prometteva niente e ora fornisce insalata e frutta a tutta la famiglia. Infine andava ancora al lavoro in negozio tutte le mattine con la sua inseparabile bicicletta. Due anni fa però è stato male d'improvviso e ha dovuto rinunciare a tutte le sue passioni. Per una persona così attiva non dev'essere stato facile accettare l'idea di dover stare la maggior parte del tempo in casa. Chiunque avrebbe passato un lungo periodo di scoraggiamento. Invece, quando sono tornata da Milano per le vacanze, mi hanno raccontato dell'ultima passione di mio nonno: la cucina. Quando me l'hanno detto sono scoppiata a ridere, pensavo che mi stessero prendendo in giro. Mio nonno ai fornelli? Non era possibile. Abituato com'era alla famiglia vecchio stampo in cui l'uomo è servito e riverito, fino a qualche anno fa non concepiva nemmeno l'idea di alzarsi per portare un piatto in cucina. Ma il riposo forzato e le lunghe giornate a casa da solo devono averlo annoiato a tal punto da spingerlo a reinventarsi nonno casalingo. Lui che è sempre stato una " buona forchetta", oggi i suoi piatti preferiti se li cucina da solo. E' già diventato esperto di canederli, polpette e spezzatino. E' per questo che io e mia sorella quest'anno per Natale abbiamo deciso di regalargli gli "attrezzi del mestiere", permettendogli così di assecondare la sua nuova passione.
Il mio "desiderio dal cuore" è quello di riuscire ad assomigliare ogni anno che passa un po' di più a quest'uomo meraviglioso che ho la fortuna di chiamare nonno, perchè nessuno meglio di lui mi ha fatto capire che la vita può essere meravigliosa in ogni circostanza e ad ogni età. Qualunque cosa accada, c'è sempre qualcosa di cui ci si può appassionare, di cui ci si può innamorare e in cui si può trovare un senso per la nostra vita. Se certe cose non sono più possibili o non sono più alla nostra portatata, bisogna saperle lasciar andare senza rimpianti, perchè c'è sempre qualcos'altro dietro l'angolo che aspetta noi, se solo lo sappiamo vedere. Voglio questo per Natale: la capacità di reinventarmi ogni volta, come ha fatto lui.
Buon Natale a tutti!
Michela.

23 dicembre, 2005

IL MIO BERRETTO

A BIG PARTY



21 dicembre, 2005

Oggi è il mio compleanno!!!



Quello che il piccolo principe non osava confessare a se stesso, era che di questo pianeta benedetto rimpiangeva soprattutto i suoi millequattrocentoquaranta tramonti nelle ventiquattro ore!

20 dicembre, 2005

STUPISCO ME STESSA


carta vetrata, rose di natale...i miei acquisti di oggi...incredibile!

MAI ARRENDERSI, C'E' SEMPRE UNA VIA DI SCAMPO

Tutti noi, nel corso della vita, attraversiamo dei momenti in cui ci troviamo di fronte difficoltà spaventose impossibili da prevedere. Forze che distruggono tutto ciò che abbiamo realizzato in anni di sforzi e di lavoro e allora siamo presi dal dolore, dallo sconforto e abbiamo l’impressione di una profonda, abissale ingiustizia. Noi riusciremmo a vivere comportandoci moralmente se, nel profondo del nostro animo non fossimo convinti che al di là delle apparenze, esiste nella società e nel mondo una sotterranea armonia, una «sensatezza» etica. Ci aspettiamo un qualche rapporto fra meriti e ricompense. Per cui se hai agito bene alla fine otterrai un sostegno, un qualche riconoscimento, non sarai ripagato solo con il dolore. Per questo, di fronte al no, alla sciagura che ci colpisce improvvisamente quando abbiamo agito in modo esemplare, o quando sono stati altri a mandarti allo sbaraglio e ti hanno tradito, ti afferra un immenso dolore morale. Hai l’impressione di una mostruosità, qualcosa in contrasto con le leggi della logica, della giustizia e della natura che dovrebbero essere alla base del cosmo. Ti trovi svuotato, senza energia, in un mondo privo di senso, in balia di forze irrazionali e malvagie. E vieni afferrato dalla disperazione. È il momento della tentazione più grande, più pericolosa, quella di arrenderci. La tentazione fatale di smettere di sentire, di pensare, di combattere. Come l’alpinista che stremato si lascia cadere nella neve e si addormenta mentre invece deve fare uno sforzo sovrumano e continuare a camminare se non vuol morire assiderato, se vuol salvarsi. Perché, in realtà, anche nel fallimento, nella catastrofe, quasi sempre si può fare qualcosa. Pensate a quante gente è riuscita a guarire combattendo contro la sua malattia. A quanti scienziati, artisti, sono stati denigrati e poi si sono imposti, a quanti imprenditori, dopo essere finiti a terra, hanno costruito nuove imprese, a quanti politici sconfitti si sono risollevati e hanno vinto di fronte alla catastrofe. Non dobbiamo mai arrenderci alla disperazione. Soprattutto quando coinvolgiamo altri nella rovina. Quando tutto ci appare assurdo, ingiusto e irrazionale dobbiamo reagire con fermo coraggio e razionalità. Possiamo arretrare, chinarci, strisciare per terra per evitare i colpi, ma conservando intatta la vigilanza, la lucidità, la volontà di trovare uno stratagemma, un pertugio, una via d’uscita. Che c’è sempre.

Francesco Alberoni
Corriere della Sera
19 dicembre 2005
www.corriere.it/alberoni

18 dicembre, 2005



Dove ti trovi adesso é dove sei.
Puoi aver concepito uno smisurato desiderio di trovarti altrove,
facendo altro,
ma tu non sei là,
sei qui.
Fai esperienza di questo momento in tutta la sua pienezza

16 dicembre, 2005

PERDONO



“Io ragiono così: se sviluppo cattivi sentimenti verso coloro che mi fanno soffrire, questo servirà solo a distruggere la mia serenità mentale. Ma se perdono la mia mente resta calma”

Dalai Lama

NIKLAUS TROXLER




Graphic designer, nato nel 1947 a Lucerna ma di origini cubane, attratto dai manifesti polacchi, dalla pop art e dai poster rivoluzionari di Cuba, vanta una vasta produzione di poster, la maggioranza dei quali pubblicizza concerti, in particolare jazz, il cui ritmo viene evocato dal succedersi dei colori, dal sovrapporsi di immagini e linee che cercano di esprimere naturalisticamente la musica.Troxler gioca con la grafica cercando di andare oltre i banali aspetti concettuali e trasferendo in essa un qualcosa in più, un' emozione. Conoscere i musicisti come li conosce lui, aiuta a cogliere accenni,talvolta scherzosi, alle biografie e agli stili musicali. Ma anche per chi non frequenta il jazz, i poster ricompensano chi dà una seconda occhiata, soffermandosi fino a percepire particolari seminascosti o figure che emergono da una distesa di macchie apparentemente casuali.
" Il poster è un mezzo molto diretto, raggiunge la gente nelle strade, nessuno va per strada apposta per guardare i manifesti, ma i manifesti arrivano alle persone. Sollecitano una risposta, magari un sorriso...un po' di sorpresa".

15 dicembre, 2005

IL DONO E' DIVENTATO OSSESSIONE. CAMBIAMO LA DATA DELLA FESTA



Il dono natalizio lombardo per antonomasia fu negli anni della dovizia meneghina quello che Enrica Invernizzi riceveva dal suo adorante marito. Il 24 sera, sotto l’albero, la signora trovava un gioiello che andava a irrobustire la sua collezione di preziosi, ma il vero Gesù bambino arrivava la mattina del 25 con la prima colazione. Ciondolante, sulle sue quattro zampe, arrivava Din, il cane dalmata della Robiolina (così veniva chiamata in società la signora) con un grosso fiocco rosso che gli pendeva dal collo sul quale era attaccata una busta. Il plico conteneva l’indirizzo e il numero civico dell’immobile che l’innamoratissimo marito Romeo regalava alla mogliettina. Di Natale in Natale, sulle traballanti zampettate di Din fu costruito un impero.
La Robiolina ne era fiera. «È giusto che sia così. Al mio Romeo io voglio molto bene e lui vuole bene a me». Frase che in sintesi, anche negli anni ’60-’70, quando gli immobili erano meno cari, significava: il bene dei ricchi vale a Natale più del bene dei poveri. Ovvietà che non conosce epoca. Va da sé che chi ha di più deve dare agli altri, ma è la follia del dare che adesso va presa in considerazione. Natale non è più la gioia di un dono, è l’ossessione di un dono. Cosa gli regalo? Cosa mi ha regalato? Quello che doveva essere un pensiero o il modo di esaudire un desiderio è diventato un tic compulsivo. Io ti do. Tu mi dai. Non importa cosa. Basta che dai. Tutto questo non c’entra niente con Gesù bambino, nè tantomeno con la gioia del donare e del ricevere. Sacrificare il Natale però significa mettere in difficoltà il commercio e allora perché non spostare il dono in tempi più cauti, più sereni, più riflessivi. Spostiamo Natale. Ti dico buon Natale il 25 ma ti faccio il regalo, pensato, il 4 marzo o il 7 aprile. Natale libero sopratutto per i bambini. Non devono imparare ad accumulare: diventano grandi peggiori.


LINA SOTIS
15 dicembre 2005
Corriere della sera


UN SALUTO AL SOLE





Narra il mito che un giorno il dio Shiva, seduto sulla spiaggia di un'isola, stesse istruendo la sua sposa Parvati sulla pratica dello yoga, non accorgendosi però di un piccolo pesce che, nascosto tra le onde che si infrangevano sul bagnasciuga, ascoltava rapito tutte le sue parole. Quando i due déi si resero conto della presenza del piccolo intruso era troppo tardi: questi si era già dileguato tra i flutti, portando con sé tutti i segreti che aveva appreso. Il pesciolino nuotò per chilometri e chilometri, mentre elaborava e metteva a frutto dentro di sé gli insegnamenti che aveva carpito a Shiva. Tale era la potenza di questi insegnamenti che il pesciolino, nel breve spazio del suo viaggio a nuoto, passò attraverso tutte le tappe del percorso evolutivo finché, quando al termine del viaggio giunse a riva, sul continente, si era infine trasformato in un uomo. Quest'uomo, che si chiamò Matsyendra (Matsya in sanscrito significa "pesce"), fu il primo yogin della storia, e attraverso il suo insegnamento la scienza dello yoga poté essere conosciuta dagli esseri umani.

14 dicembre, 2005


Mi manca il tuo buongiorno la mattina, mi manca la tua ironia, il tuo starmi vicino, il tuo essere presente.
Mi mancano le corse assieme fino a sfinirci, le nostre gite, il tuo commento su un quadro che non ti piace.
Mi manca la tua opinione, le nostre litigate, le tue riflessioni.
Mi mancano i tuoi baci inondati di profumo, il telefono che squilla e so che sei tu, le tue sorprese, il tuo saper aspettarmi.
Mi mancano i tuoi sorrisi, il tuo entusiasmo, la tua razionalità.
Mi manca l'esempio, il tuo modo di perdonare, il portarmi con te.
Mi manca il tuo non lasciarmi dormire, lo sdrammatizzare quando piango, il sentir salire le scale e sapere che sei ancora tu.

Me lo hai insegnato tu ricordi...facendomi leggere il Dalai Lama...

13 dicembre, 2005



ho appena riletto ciò che mi avevi lasciato scritto su un biglietto del treno tempo fa in un momento di sconforto...
attimi...

grazie

DIVERRA' UN PRINCIPE...

12 dicembre, 2005

ABSOLUT BEAUTY

ABSOLUT AUTUMN

ABSOLUT

BROKEN FLOWERS



Degna di nota è la colonna sonora, particolarmente azzeccata e vincente nell'accompagnare Don nel suo girovagare dentro la propria anima. Specialmente l'opening theme, "There is an end", che coinvolge ed emoziona. Ma ciò che colpisce di "Broken flowers" è la sua natura immortale: sospesa nella vuota illusione di una cinepresa...

Un foglio bianco, una finestra e poi scrivere, scrivere, scrivere


I muri bianchi, una finestra che immagino verso un giardino soleggiato.
Su quel tavolo, in un pomeriggio d'estate, stenderei un foglio per disegnare o scrivere una lettera a qualche amico lontano.
A volte si desidera la solitudine, stare con se stessi, meditare.
E' come dilatare il proprio territorio senza trovare confini.
Ma forse si ama la solitudine soltanto quando si sa di non essere veramente soli.

Miriam Di Fiore

IL VERO AMORE SA FINGERE

Dalla rubrica Singola con (s)vista di Guia Soncini

E' vero amore quando in macchina lui non si turba se ascoltate a ripetizione Celine Dion. E' vero amore quando sa come prendete il caffè ma non si aspetta che vi ricordiate come lo prende lui. E' vero amore quando esce dallo stadio prima della fine della partita per evitare il traffico e tornare prima da voi (d'accordo: solo se la sua squadra è in schiacciante vantaggio, e se la partita non è fondamentale). E' vero amore quando non vi prende in giro se andate dal parrucchiere con la foto di Nicole Kidman. E' vero amore quando ordina due pizze perché c'è Pretty woman e sa che non volete perdervene neanche un minuto per ripassare in padella i surgelati. E' vero amore quando non s'infastidisce per il vostro scarso senso dell'orientamento. E' vero amore quando vi ritrovate con lui in un negozio e lui non solo intercetta il vostro sguardo languoroso diretto ad un vestito, ma dice all'odiosa commessa di incartarlo senza farvelo provare: sa che davanti a lui vi vergognereste, e finge di non sapere che domani tornerete a cambiarla, quella 42.

INNOCENZA AL FORNO

11 dicembre, 2005

HIDE AND SEEK


Where are we?
What the hell is going on?
The dust has only just began to form
Crop circles in the carpet
Sinking, feeling
Spin me around again
And rub my eyes
This can't be happening
When busy streets
A mess with people
Would stop to hold
Their heads heavy
Hide and seek
Trains and sewing machines
All those years
They were here first
Oily marks appear on walls
Where pleasure moments hung before
The takeover
The sweeping insensitivity of this still life
Hide and Seek
Trains and sewing machines (you won't catch me around here)
Blood and Tears
They were here first
Hmm, what'd you say, mmm, that you only meant well?
Well, of course you did.
Hmm, what'd you say? mmm, that it's all for the best?
Of course it is.
Hmm, what'd you say? mmm, that it's just what we need
You decided this?Hmm, what'd you say, mmm, what did she say?
Ransom notes keep falling out your mouth
Mid-sweet talk, newspaper word cut-outs
Speak no feeling, no I don't believe youYou don't care a bit, you don't care a bit(Hide and Seek)Ransom notes keep falling out your mouth
Mid-sweet talk, newspaper word cut-outs
Speak no feeling, I don't believe you
(Hide and Seek)[carries on through rest of song]
You don't care a bit, you don't care a, you don't care a bit
Oh no, You don't care a bit
Oh no, You don't care a bit
Oh no, You don't care a bit
You don't care a bit
You don't care a bit
Imogen Heap

08 dicembre, 2005

¡Encuentro de dos manos

¡Encuentro de dos manos
buscadoras de estrellas,
en las estrañas de la noche!
¡Con qué inmensa presión se sienten sus blancuras inmortales!
Dulces, las dos olvidan
su busca si sosiego,y encuentran, un instante,
en su cerrado circulo,
lo que buscaban solas.
¡Resignación de amor,
tan inifinita como lo posible!
Juan Ramon Jimenez

QUALCUNO MI PENSA...

07 dicembre, 2005

INCANTEVOLE


Se leggera ti farai
io sarò pronto
per darti il mio sostegno
senza fingere e
se distanza ti farai
io sarò asfalto
impronta sui tuoi pass
isenza stringere mai.
Se battaglia ti farai
io starò al fianco
per darti il mio sorriso
senza fingere e
se dolore ti farai
io starò attento
a ricucire i tagli
senza stringere mai.
FUORI UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE COME QUANDO
RESTI CON ME
FUORI UN GIORNO FRAGILE
MA TUTTO QUI CADE INCANTEVOLE COME QUANDO
RESTI CON ME.
Se innocenza ti farai
io sarò fango
che tenta la tua pelle
senza bruciare.
...
Subsonica


06 dicembre, 2005

LA COSA CHE PIù VORREI STASERA...

Wonderful Tonight
It's late in the evening;
she's wondering what clothes to wear.
She puts on her make-up and brushes her long blonde hair.
And then she asks me, "Do I look all right?"
And I say, "Yes, you look wonderful tonight."
We go a party and everyone turns to see
This beautiful lady that's walking around with me.
And then she asks me, "Do you feel all right?"
And I say, "Yes, I feel wonderful tonight."
I feel wonderful because
I see
The love light in your eyes.
And the wonder of it all
Is that you just don't realize how much
I love you.
It's time to go home now and
I've got an aching head, So
I give her the car keys and she helps me to bed.
And then I tell her, as I turn out the light,
I say, "My darling, you were wonderful tonight.
Oh my darling, you were wonderful tonight."
Eric Clapton


"L'essenziale è invisibile agli occhi", ripeté il piccolo principe, per ricordarselo.
"Io sono responsabile della mia rosa…",ripeté il piccolo principe per ricordarselo.

Antoine de Saint-Exupery

Dormi

Dolce è il dolore che porti negli occhi,
quanto il perdersi dentro di te.
Ed il lieve infuriare di rabbia che porti
aggrappata alla fragilità.
Dormi che è meglio pensarci domani
alla muta distanza che scorre tra noi
quando non sei vicino a scaldare i miei sogni,
quando i sogni nemmeno son qui.
Dormi che è meglio
dormi che è meglio così.
Non immagini quanto sia dolce sfiorare
dai tuoi incerti sorrisi la felicità.
Anche solo per pochi secondi capire
che qualcosa di buono c’è in me.
Dormi che è meglio
dormi che è meglio per noi.
Dormi che è meglio
dormi che è meglio così.
Subsonica

04 dicembre, 2005


forse fa male
eppure mi va
di stare collegato
di vivere di un fiato
di stendermi sopra al burrone
di guardare giù
la vertigine non è
paura di cadere
ma voglia di volare
Mi fido di te
Jovanotti

APRI LA FINESTRELLA...

è sempre un piacere svegliarsi la mattina...e dopo il saluto al sole...aprire la casellina...

01 dicembre, 2005

WORK IN PROGRESS

"Al livello della strada", afferma Renzo Piano, "l’edificio sarà aperto, trasparente e permeabile". Le divisioni vetrate degli spazi al piano terra renderanno visibili dalla strada le attività interne e il giardino a questo livello. Un auditorium di 350 posti, gestito dalla Times Company, pure sarà alloggiato al piano terra. Il muro dietro il palco dell’auditorium sarà di vetro, per permettere al pubblico di vedere il giardino al livello terra." L’auditorium sarà utilizzato per eventi civici e culturali e sarà disponibile per associazioni no-profit almeno per 104 serate all’anno. La sezione per le informazioni del New York Times occuperà i piani dal 2° al 7° e, secondo le intenzioni dell'architetto, "apparirà nelle strade intorno come una grande lanterna magica, continuamente accesa e costantemente in attività"
Anche in questo progetto Renzo Piano ha confermato la sua visione generatrice dell'architettura: "(...) penso che la torre del New York Times debba essere una pura forma astratta, che rappresenti concretamente le qualità intrinseche di Manhattan, ma credo anche che debba introdurre delle caratteristiche nuove: leggerezza, vibrazione, trasparenza e immaterialità. (...) Dovrebbe diventare una nuova torre di Babele, barocca, persino materialistica".

The New York Times Building, New York City (NY) - USA

IO TI CHIESI



Io ti chiesi perché i tuoi occhi
si soffermano nei miei
come una casta stella del cielo
in un oscuro flutto.
Mi hai guardato a lungo
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi hai detto poi, con gentilezza:
ti voglio bene, perché sei tanto triste
Hermann Hesse